Uno dei settori più influenzati dal climate change, il cambiamento climatico, è senza dubbio l’agricoltura. In particolare l’enologia si trova ad affrontare una sfida difficile poiché il vino risente dell’innalzamento delle temperature e il rischio è che vengano stravolte le geografie della viticoltura e venga compromessa l’identità stessa di un prodotto così legato alla cultura e alla storia dell’uomo.
E i territori che sono più vocati – per storia e per capacità produttiva – alla coltivazione della vite stanno già facendo i conti con il cambiamento climatico e le sue conseguenze, come per esempio la Toscana, che da anni s’interroga su una questione saliente: il climate change rischia di modificare il gusto del Chianti, vino simbolo di questo territorio, noto e amato in tutto il mondo?
Chianti e cambiamento climatico è dunque un tema attuale e dibattuto, non solo per il gusto il vino ma anche per l’impatto economico e sociale che può avere l’innalzamento delle temperature. Con il cambiamento climatico è necessario anticipare la vendemmia: non è un caso se negli ultimi anni si sia anticipata da ottobre a settembre, se non addirittura a fine agosto. Oltre alla vendemmia anticipata – che modifica di conseguenza tutti i tempi della vinificazione – ne risente anche la resa, che è minore con la conseguenza di una minore immissione di prodotto sul mercato, ma anche un minor numero di risorse umane coinvolte per le lavorazioni, con ricadute sociali ed economiche su tutto il territorio.
Le uve preposte per il Chianti subiscono fortemente lo stravolgimento climatico. Alcuni di questi cambiamenti posso influenzare anche importanti funzionalità della vite, soprattutto quelle legate al contenuto di sostanza organica, alla salinità e alla disponibilità idrica specie in varietà come il Sangiovese. I cambiamenti nelle quantità e nella composizione di zuccheri e acidi, il più alto contenuto di etanolo e la modifica del sapore sono alcune delle caratteristiche del vino che possono essere correlate alle temperature più elevate. La vite è, quindi, la grande svantaggiata in questo processo vorticoso in cui bisogna quanto prima intervenire, al fine di preservare e salvaguardare il buon terroir del Chianti.
Gli aspetti tecnologici possono aiutare molto alla stabilizzazione della viticoltura, come strumenti che posti all’interno dei campi o tra i filari rilevano le condizioni dell’ambiente e analizzano la situazione delle piante e possono creare soluzioni ad hoc per le colture e automaticamente metterle in atto, concimando o irrigando le piante più sofferenti.
Ancora la creazione di laghi artificiali interni ai campi di raccolta in modo da ovviare alla problematica legata all’aridità del terreno o l’inserimento di stazioni meteo all’interno delle vigne in modo da seguire in tempo reale le precipitazioni e i cambiamenti al fine di poter intervenire repentinamente sui filari.
Anche l’agronomia viene in aiuto, con la sperimentazione di nuovi vitigni in grado di sopravvivere naturalmente, o l’individuazione di aree più adatte alla coltivazione.
Gli operatori del settore sono chiamati dunque a intervenire con grande senso di responsabilità, in modo sostenibile, etico e tecnologico per porre rimedio a questo fenomeno.
Noi di Cantine Leonardo da Vinci ci impegniamo per produrre in modo sostenibile, riducendo l’impatto ambientale di tutte le operazioni che coinvolgono i nostri prodotti – dalla terra alla tavola. E il risultato del nostro lavoro è nelle bottiglie di Chianti e Chianti Riserva della collezione Leonardo da Vinci e della collezione I Capolavori.
Insomma, ciò che l’uomo ha devastato può essere risanato e conservato, grazie all’uso di tecnologia, strumenti sul campo, ricerca agronomica e sostenibilità.