Fermentazione, fermentazione alcolica, fermentazione del vino, fermentazione del mosto: un processo fondamentale che determina la buona riuscita del vino. Sui processi e le tecniche di fermentazione non si hanno dati certi. Pare che la fermentazione del vino sia stata scoperta, probabilmente in maniera casuale, osservando il fenomeno della bollitura di determinati organismi, cereali o liquidi come, ad esempio, il mosto dell’uva.
Non definibile secondo nessuna teoria dell’epoca, la fermentazione è rimasta a lungo un processo astruso e attorno al quale aleggiava un velo di mistero. Dal tempo di greci e romani che si affidavano alla tecnica semplicemente adagiando il mosto appena pigiato all’interno di tini e anfore, si dovette aspettare tempi più remoti per dare una spiegazione tanto sensata quanto scientifica. Prima Lavoisier nel Settecento, poi il chimico Lussac nell’Ottocento, il quale formulò il rapporto matematico che regolava l’inspiegabile trasformazione e, infine, Pasteur. Fu quest’ultimo a dimostrare nel 1854 che la fermentazione è prodotta dall’attività dei lieviti quando questi si sviluppano in assenza di ossigeno, oltre a dimostrare che la produzione di sostanze indesiderate in vinificazione è legata alla presenza di microrganismi di entità differenti.
La fermentazione del vino… in breve
Un fenomeno connesso alla vita, come definito da Pasteur, la fermentazione alcolica del vino è un processo naturale che consente la maturazione o trasformazione del mosto o succo di uva in vino. Dunque dopo la fase primordiale di vendemmia e pigiatura delle uve si ottiene il mosto, ossia un liquido molto concentrato presente nella polpa degli acini e comprendente anche le bucce. La fase successiva è quindi affidata alla fermentazione di quel mosto, che porterà alla produzione del vino nella sua forma finale. Gli aromi primari sono nascosti nell’uva, ma è la fermentazione che li rivela: tanto semplice quanto vero, il processo è fondamentale.
La fermentazione del vino… in dettaglio
La fermentazione consiste in un processo complesso di trasformazione degli zuccheri contenuti nel mosto e convertiti dai lieviti in alcol etilico e anidre carbonica. I lieviti (detti Saccharomyces) sono naturalmente presenti nelle bucce e, attraverso una respirazione aerobica, utilizzano l’ossigeno presente nelle fecce del mostro, al fine di trasformare gli zuccheri in anidride carbonica e alcol etilico, oltre che glicerina, acido acetico e altri sottoprodotti. Conseguentemente, non appena l’ossigeno si esaurisce, in una condizione anaerobica, avviene la fermentazione del mosto.
La durata di questo processo di trasformazione non è fissa, ma oscilla tra i 7 e i 10 giorni, e solitamente si suddivide in due fasi di fermentazione: la prima della durata di 24-36 ore, la successiva rinominata “tumultuosa” di circa 7 giorni e una fase finale, lenta, di alcune settimane, utile a trasformare i restanti residui di zuccheri. L’intero processo deve seguire un naturale decorso, ma non essere né troppo veloce, né troppo lento, in quanto porterebbe alla dispersione delle sostanze aromatiche tipiche del vino oppure alla generazione di sostanze indesiderate, tra cui l’eccesso di acidità.
La temperatura è fondamentale
La temperatura è di fondamentale importanza e deve mantenersi stabile tra le due fasi di trasformazione e non subire repentini cambiamenti, fatali per la riuscita di un buon nettare. A seconda del vitigno, sia esso a bacca bianca o nera, le procedure di fermentazione sono differenti e seguono un iter completamente singolare. Per la fermentazione del vino bianco viene utilizzato un mosto dal quale sono state separate le bucce (sgrondatura) subito dopo la pigiatura degli acini. Il mosto viene sottoposto a chiarifica e decantazione, quindi separato dalle parti solide rimanenti. Lo scopo principale della fermentazione del mosto per la produzione dei bianchi è quello di consentire agli aromi tipici del vitigno di continuare a espandersi e definirsi maggiormente: un risultato che viene raggiunto mantenendo scrupolosamente sotto controllo la temperatura fra i 16 e i 20 °C. A questo scopo, infatti, vengono usati i tini refrigerati a temperatura controllata che permettono uno sviluppo ottimale degli aromi, una lenta trasformazione degli zuccheri e un’eccellente resa in alcol. A differenza di quanto detto, per la fermentazione dei vini rossi viene utilizzato il mosto all’interno del quale si lasciano a macerare le fecce, consentendo l’estrazione del colore. Se per i bianchi l’aroma e il corpo sono l’obiettivo primario, in questo caso l’estrazione del colore e delle sostanze polifenoliche diventano il principale focus. Maggiore temperatura viene adoperata e maggiore sarà l’estrazione; un vino rosso lasciato fermentare ad una temperatura elevata avrà una struttura importante e un corpo molto deciso. È decisivo per l’estrazione delle sostanze coloranti delle bucce non scendere al di sotto dei 20 °C pur essendo fondamentale il controllo delle temperature e gli sbalzi eccessivi. La temperatura ottimale è costante e compresa tra i 25 e i 30 °C, consentendo una buona estrazione di colore e sostanze polifenoliche, oltre ad un armonico equilibrio tra queste due proprietà. E, infine dopo la svinatura, le parti solide vengono torchiate recuperando il restante liquido in eccesso a contato con le bucce e stoccati in botti, barrique o vasi per le fasi finali di affinamento e invecchiamento.